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Frodi e travestimenti del mondo del calcio

Con notizie come quella delle 5 donne iraniane travestite da uomo per accedere allo stadio e guardare le partite, abbiamo pensato sia il momento giusto per questo articolo. A parte la situazione quasi drammatica dell’Iran, gli impostori del mondo dello sport sono un topic degno di nota.

Stiamo parlando di menzogne, camuffate da travestimenti o finte credenziali, utilizzate dai bugiardi in questione per un resoconto personale. Un primo esempio decisamente light è quello degli stratagemmi implementati da alcuni arbitri di Premier League del tempo per mascherare il loro aspetto e fuggire da tifosi imbufaliti. Nel 1923, le cronache del calcio inglese raccontano di una fantomatica fuga del direttore di gara dopo la partita tra Swansea e Llanelly. La leggenda narra che dopo un pessimo arbitraggio, i tifosi si riversarono in campo con l’intento di linciare lo sfortunato direttore di gara. Fortunatamente per lui, un empatico poliziotto gli offri la sua divisa così da poter uscire dallo spogliatoio inosservato. La stessa scena si ripetette nel 1956, dopo che l’albitro ebbe affidato un dubbio calcio di punizione poco gradito alla tifoseria avversaria.

Tuttavia, l’oscar del travestimento è da consegnare all’arbitro argentino Livion Bonelli. Non ci sono molte informazioni riguardanti Bonelli, se non per i suoi mitologici camouflage. L’argentino era infatti solito cominciare le partite indossando una barba finta. A fine partita, se le cose si mettevano male dopo qualche decisione mal calibrata, Bonelli era solito togliersi comodamente i baffi e andarsersene dal campo indisturbato. Una strategia chiaramente ingegnosa…per un uomo in possesso di una palese sfiducia nelle sua capacità arbitrarie.

Strategie di Marketing

Ora che vivamo tutti nell’era di internet, il wild web ci presenta un sacco di opportunità di vendere qualcosa utilizzando l’arte del travestimento. Alcuni degli spot più classifici coinvolgono alcune star dello sport camuffati da anziani o da persone che, almeno all’inzio, danno l’idea di non aver la minima idea di cosa stiano facendo. Tra i tanti c’è il famoso spot di Cristiano Ronaldo, intento ad infastidire i passanti in centro a Madrid con i suoi numeri. Oppure il vecchietto sollevatore di pesi, come gli anziani giocatori di tennis indiani. Tutti super atleti ingaggiati da grosse marche in ingegnose campagne pubblicitarie. Persino il ping pong ha dato spazio a queste iniziative.

Queste sono strategie di mercato ormai passate e parecchio prevedibili, anche se ancora divertenti da guardare. Normalmente, lo scherzo comincia prendendo di mira qualunque sport di strada. L’individuo, chiaramente non all’altezza del gioco, trova un’occasione per poter partecipare. All’inizio il protagonista mascherato effettua un po’ di mosse che rispecchiano il suo personaggio. Fino ad arrivare ad un certo punto dove, d’improvisso, il vecchietto si trasforma. In un secondo rapidità e precisione catturano gli occhi degli spettatori attoniti, con le loro lattine di Pepsi in mano. Alla fine arriva la rivelazione, con i fan (e le loro lattine) che si avvicinano al campione per un autografo.

Lo spot pubblicitario più famoso è forse quello di Uncle Drew. Drew è l’alterego di Kyrie Irvine, il Rooky of the Year 2011, sei volte All-Star, e star dei Boston Celtics. La sua pubblicità per la Pepsi Max divenne così famosa tanto da lanciare il mito di Uncle Drew. L’anziano giocatore di basket raggiunse livelli di fama tanto alti da spingere la produzione a creare un vero e proprio film su di lui, con Shaquille O’Neal tra i coprotagonisti.

Autentici FALSI!

Ali Dia

Ok, è ora di passare all’artiglieria pesante delle farse, come quella di Ali Dia. Nel 1996, il manager del Southampton Graeme Souness riceve una chiamata da George Weah, il liberiano del Milan, al momento World Player of the Year. In quella telefonata Weah informava il tecnico delle virtù calcistiche di un suo cugino, tale Ali Dia. Dia, spiegò Weah, aveva giocato per la nazinale liberiana e per il Parigi Saint-Germain, ed ora si sentiva pronto a mettere alla prova le sue capacità nel campionato inglese. Souness si fidò del consiglio del campione e lo comprò con un mese di contatto. L’attacante fece il suo debuto dopo un paio di giornate dal suo trasferimento…per una trentina di minuti! Quella mezz’ora fu abbastanza per capire che la promessa del calcio africano era nient’altro che una frode, come del resto suo cugino! Infatti, si scopri successivamente che quel George Weah al telefono con Souness nient’altro era che un amico universitario di Dia. Dopo due imbarazzanti settimane il suo contratto venne terminato.

Carlos Henrique Raposo

Salendo ancora di livello, quando parliamo della più grande bufala calcistica di tutti i tempi può esserci un solo vincitore: Carlos Henrique Raposo, altrimenti noto come Carlos Kaiser. Kaiser (chiamato così per la sua somiglianza con Franz Beckenbauer) detiene uno dei record più straordinari del mondo del calcio: 13 anni di carriera in 10 club diversi, coronati da 0 PRESENZE. A differenza di Ali Dia, Raposo era cosciente di non possedere le capacità necessarie per poter competere a livello professionistico. In realtà, Raposo era solo interessato allo stipendio di un giocatore professionista!

Dopo aver cominciato la sua carriera nelle file del club messicano Puebla (zero presenze), Kaiser decise di ritornare in Brasile. In poco tempo Raposo riuscì a crearsì una sorta di rete di contatti parecchio estesa, incluso alcuni dei giocatori più famosi del campionato carioca. Il suo intento era quello di imbastire un network di amicizie che gli avrebbe permesso di approdare nei club di calcio attraverso semplici raccomandazioni. Una volta arrivato, il Kaiser firmava un contratto di non più di un anno, senza mai entrare in campo. Come? Be le scuse hanno veramente dell’incredibile!

Normalmente, il calciatore firmava un contratto nel bel mezzo di un “infortunio” che lo avrebbe portato a saltare i primi mesi di allenamento con la squadra. Seguito da un team specializzato di finti medici, riusciva a convincere le squadre ad ingaggiarlo con la promessa che si sarebbe rimesso presto. In un’epoca senza Internet, Kaiser era spalleggiato essenzialmente dalla mancanza di informazioni. Quelle poche che gli servivano, venivano confezionate a puntino grazie a qualche amico giornalista. Quando il club cominciava a rendersi conto che qualcosa non quadrava, il brasiliano si faceva trasferire ad un altro club.

KAISER, il più grande truffatore della storia del calcio uscì l’anno scorso nelle sale di tutto il mondo, dopo che la Nods & Volleys Entertainment Limited decise di fare un film sulla sua vita.


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Scritto da Andrea Gorio

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