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La Lotta al Razzismo e Alla Discriminazione Nello Sport

discriminazione nello sport

La discriminazione nello sport è una di quelle pratiche assolutamente disgustose e che gettano fango su tutto il movimento. Purtroppo, però, si tratta anche di un evento che sta capitano molto spesso sia nel calcio che in altri sport. E si vedono episodi legati al razzismo sia in campo che sugli spalti, anzi gran parte degli ultimi episodi riguardano proprio i tifosi che offendo i giocatori in campo, sia per il colore della pelle, sia per la città natale o per la religione. 

Nel corso di questo articolo parleremo della discriminazione nello sport, raccontandovi gli episodi più gravi registrati in Italia e in Cinghiette e come due nazioni, patrie del calcio mondiale, hanno reagito o stanno reagendo alla razzismo. 

I Casi Principali di Razzismo nello Sport

Prima di tutto, però, è bene sottolineare un punto, ovvero che nel calcio, così come in altri sport, è vero che cui sono stati di casi di razzismo, spesso duri e vergognosi. D’altro canto, però, si tratta solo di una parte minuscola di tifosi che, purtroppo, riescono a mettersi in mostra per i loro atteggiamenti a sfondo razzista. 

In Italia, ad esempio, ci sono casi di razzismo a partire dagli anni ’60. Ma è dagli anni ’80 che si assiste ad una sorta di escalation di questi episodi. Questo perché viene permesso da questo periodo in poi viene permesso alle squadre italiane di acquistare giocatori stranieri e quindi arrivano diversi sudamericani e calciatori di origine africani. 

Ad Udine, ad esempio, la società ingaggiò il talento peruviano Geronimo Barbadillo. La reazione di una piccola frangia della tifoseria fu feroce: fu minacciato, furono esposti striscioni contro di lui e alla fine dovette cedere. Solo qualche anno dopo, sempre ad Udine arriva un calciatore israeliano, Ronnie Rosenthal. E questa volta la gogna è per la sua religione: in giro, infatti, apparvero vergognosi striscioni con frasi del tipo “Via gli Ebrei dal Friuli”. 

Nel 1992, ancora lontani dal betting online e di internet, fu la volta dei tifosi della Lazio a mettersi in mostra in maniera negativa. Nel mirino delle loro offese c’è un fortissimo calciatore olandese appena approdato a Roma per vestire la maglia biancoceleste. Per i tifosi, però, ha due problemi: ha la pelle nera ed è ebreo. Ecco, quindi che appaiono nuove frasi minacciose sui muri della capitale Italia con frasi del genere “Gli ebrei non li vogliamo, la purezza della Lazio rivendichiamo”.

Il Presente

Nel corso degli anni, comunque, fino ad arrivare a giorni nostri non sono mancati, altri episodi. Si sente spesso di offese e ululati nei confronti di giocatori di colore, ma anche di attacchi a calciatori, magari nati nel sud Italia. L’ultimo, ad esempio, è quello accaduto nei confronti del difensore napoletano Kalidou Koulibaly, attaccato da un supporter della Fiorentina.

La Reazione dell’Italia

Ovviamente, episodi del genere nel ventunesimo secolo non sono assolutamente concepibili e quindi, sia il Governo che la Federazione Italiana Gioco calcio hanno deciso di contrastare in maniera forte questo genere di episodio. 

Tra le norme previste, c’è la sospensione della partita in caso di ululati o inneggiamenti alla discriminazione territoriale. Quando poi gli pseudo tifosi vengono riconosciuti, c’è una punizione durissima che prevede l’allontanamento da ogni campo per diversi anni. 

Discriminazione nello Sport In Inghilterra

L’Inghilterra, patria del gioco scommesse e del calcio, per diversi anni è stata una delle pioniere nella lotta al razzismo e alla violenza negli stadi. Per quanto riguarda la discriminazione negli sport, la lega inglese ha messo in campo, infatti, una serie di iniziative e soprattutto una particolare rigidità nelle sanzioni. Ed effettivamente i risultati sono stati decisamente soddisfacenti, visto che negli anni ’80 e ’90 la serie di episodi legati alla discriminazione sono pian piano diminuiti. 

La prima mossa del governo britannico è contenuta all’interno della serie di leggi denominata Public Order Act del 1986. Nel Football (Offences) Act del 1991, i cori a sfondo razziale vengono definiti un reato rilevante e, quindi, gli agenti hanno tutto il potere per agire immediatamente e le condanne sono decisamente severe. 

C’è da dire, però, che neanche il Regno Unito è riuscito a far fronte a questa recrudescenza di razzisti. I quali, come in Italia, rappresentano una piccolissima parte dei tifosi ma che comunque hanno una certa forza. 

Nel corso degli ultimi anni, infatti, ci sono stati diversi episodi, decisamente gravi, che hanno riportato l’intero movimento nel baratro del razzismo. 

I Casi di Discriminazione

Nel 2017, ad esempio, protagonista dei versi denigratori avversari fu Raheem Sterling, esterno del Manchester City e della nazionale inglese, impegnato in una gara con il Chelsea. Ogni volta che il laterale si avvicinava alla bandiera per battere un angolo, un gruppetto di tifosi lo bersagliava con epiteti fortemente razzisti. Il Chelsea, però, si è dissociato immediatamente condannando fermamente l’episodio e fa anche di più. Grazie alle telecamere nello stadio e delle TV individua i responsabili e li punisce. Il club, infatti, gli ha sospeso gli abbonamenti e vietato l’ingresso allo Stamford Bridge per un lungo periodo di tempo. 

Dopo la finale degli europei vinta dall’Italia, proprio contro l’Inghilterra, però, accade nuovamente qualcosa di insensato.

I calciatori di colore che hanno sbagliato il rigore in finale vengono presi di mira sui social con ogni tipo di insulto razzista. Sono intervenuti sulla questione la Federazione inglese ma anche il Primo ministro Britannico Boris Johnson. La Polizia, inoltre, ha anche aperto un’inchiesta per cercare di risalire agli autori dei messaggi razzisti. 

L’Inghilterra, così, si ritrova dinanzi ad una versione del razzismo. E cioè quella che corre veloce tra i social network e che deve essere assolutamente combattuta in ogni modo. 

Conclusione

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